EFFETA' ODV

Tragedia lungo la via balcanica di Giuseppe Leone

“….La Croazia si è rivelata il punto più critico di una vicenda che si è consumata a lungo in una sostanziale indifferenza ai confini della Ue. Lì, i migranti vengono sistematicamente picchiati, derubati e ricacciati oltre il confine con la Bosnia. Soltanto tra gennaio e novembre del 2020, il Danish Refugee Council ha registrato 15.672 respingimenti dalla Croazia verso la Bosnia, classificandone come «violenti» il 60%…”

Leggendo un articolo sul giornale Avvenire di oggi 5 gennaio dal titolo: “Profughi sulla tragica ” la mia memoria è andata ai primi anni ‘90, in quel periodo mi recavo spesso a Medjugorje. C’era ancora la guerra, terminata solo alla fine del 1995, ed i collegamenti stradali tra l’Italia e la Bosnia erano difficili e si doveva percorrere buona parte del territorio della Croazia. Ai lati delle strade si vedevano spesso paesi con edifici distrutti dalle bombe o dal fuoco segno del passaggio della guerra, sia in Croazia che in Bosnia Erzegovina (dove si trova Medjugorje).

Dopo il ‘95 tornò la pace in quella terra, con essa la ricostruzione di quei territori e si ridusse la povertà, la disoccupazione, l’emigrazione dei giovani.

Ma, da quel lontano 1995 ai nostri giorni, le guerre nel mondo non sono terminate così come le carestie ed allora altri hanno preso la via dell’emigrazione ed è triste constatare come anche nei Balcani ogni giorno di più cresce l’intolleranza, la macchina dell’accoglienza non funziona, le popolazioni locali mostrano ostilità verso i profughi, loro che hanno conosciuto oltre 25 anni fa lo stesso calvario…. ma è già passata una generazione, si dirà! E quindi molto è stato rimosso dalla memoria collettiva di quei popoli.

L’articolo in questione nota: “Non si sta ripetendo in Bosnia il mezzo miracolo che avviene da anni in Libano, in Giordania e in Turchia, dove le popolazioni locali bene o male si adattano alla convivenza con numeri di profughi da noi mai neppure sfiorati: 134 ogni 1.000 abitanti in Libano, 69 in Giordania, 43 in Turchia, contro 25 per la Svezia, 14 per la Germania e 3,4 per l’Italia.”

Riportavo all’inizio di questa nota un altro passo dell’articolo sul ruolo della Croazia: quanta amarezza nel constatare che un Paese totalmente cattolico, al contrario del Libano della Giordania e della Turchia, adotta simili comportamenti!

Un popolo non può certo dirsi cristiano soltanto in base alla forma dei propri luoghi di culto, se il proprio territorio è disseminato di campanili e non di minareti, od altro! Certo è difficile accogliere un alto numero di persone sconosciute, ma è necessario arrivare alla violenza come ci racconta l’articolo dell’Avvenire?

Benedetto Croce in un saggio scritto nel 1942 dal titolo «Perché non possiamo non dirci “cristiani» sostiene che il Cristianesimo ha compiuto una rivoluzione «che operò nel centro dell’anima, nella coscienza morale, e conferendo risalto all’intimo e al proprio di tale coscienza, quasi parve che le acquistasse una nuova virtù, una nuova qualità spirituale, che fino allora era mancata all’umanità» che per merito di quella rivoluzione non può non dirsi “cristiana”.

Ma quanta verità c’è ancora in tale affermazione? Ci risponde, da sempre, Gesù: Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.”. (Mt 5,13)

Giuseppe Leone

(la foto in evidenza è tratta da: Avvenire.it)

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