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Terza parte: così parlò……Santo Curato d’Ars

Di seguito la terza parte dell’omelia “la maldicenza” del S. Curato d’Ars.

………………………

Ma ora ritorniamo al nostro argomento, poiché il nostro principale scopo è quello di far conoscere il male che il maldicente procura a se stesso.
Vi dirò che la maldicenza costituisce peccato mortale, quando si afferma qualcosa di grave, poiché san Paolo colloca questo peccato tra quelli che ci escludono dal regno dei cieli.

Lo Spirito Santo ci dice che il maldicente è maledetto da Dio, che egli è in abominio a Dio e agli uomini.

E’ vero anche che la maldicenza è più o meno grave, a seconda della qualità, della prossimità e della dignità della persona a cui è riferita.

Di conseguenza, è peccato più grave divulgare i difetti e i vizi dei propri superiori, come anche del proprio padre o della propria madre, della moglie o del marito, dei propri fratelli e sorelle e dei parenti, piuttosto che divulgare i difetti di gente estranea, poiché si deve nutrire maggiore carità per gli uni che per gli altri.

Parlare male, poi, delle persone consacrate e dei ministri della Chiesa, è un peccato ancora più grave, a motivo delle conseguenze funeste che si causano alla religione, e dell’oltraggio che si compie contro la loro sacra dignità.
Ascoltate ciò che lo Spirito Santo ci dice per bocca del suo profeta: “Maledire i ministri sacri, equivale a toccare la pupilla del proprio occhio”. Vale a dire che niente li può oltraggiare in modo tanto sensibile, e quindi si commette un crimine talmente grande che non lo si potrà mai comprendere appieno…

Gesù Cristo ci dice anche: “Chi disprezza voi, disprezza me”.

Perciò, fratelli miei, quando vi trovate in compagnia di persone di un’altra parrocchia, sempre pronti a parlar male del loro pastore, non dovete mai prendervi parte. Allontanatevi, se lo potete, e se non vi è possibile, rimanete zitti.
Ciò detto, fratelli miei, sarete d’accordo con me, che per fare una buona confessione, non basta dire che si è parlato male del prossimo; bisogna aggiungere se lo si è fatto per leggerezza, per odio, per vendetta, se abbiamo voluto nuocere alla sua reputazione.

Bisognerà precisare, di chi abbiamo parlato male: se si tratta di un superiore, di un collega, del padre, della madre, dei nostri parenti, o di persone consacrate a Dio; e davanti a quante persone: tutto ciò è necessario, per fare una buona confessione.

Molti si ingannano su quest’ultima cosa: ci si accusa, magari, di aver parlato male del prossimo, ma non si precisa di chi, né quale fosse l’intenzione che li spingeva a parlar male di quelle persone, e ciò è causa di molte confessioni sacrileghe.
Altri, poi, se si chiede loro se per caso queste maldicenze abbiano recato danno al prossimo, vi risponderanno di no.

Amico mio, ti sbagli di grosso; tutte le volte che hai detto qualcosa di male su qualcuno, e quella cosa fino ad allora era sconosciuta alla persona con cui ne hai parlato, ciò ha prodotto un danno al prossimo, perché hai pur sempre sminuito nell’animo di questa persona, la buona stima che essa poteva avere dell’altro.

Da ciò possiamo facilmente dedurre, che quasi mai si parla male senza nuocere, o indebolire, in qualche modo, la reputazione del prossimo.
Ma forse mi obietterai: se il fatto è di pubblico dominio, non c’è nulla di male.

Amico mio, quando la cosa è ormai risaputa, è come se una persona avesse tutto il corpo coperto di lebbra, eccetto una piccola parte, e tu dicessi che siccome ormai è tutto coperto, bisogna finire di ricoprirlo (di lebbra). Così avviene qui.

Se il fatto è pubblico, tu devi, al contrario, avere compassione di questo povero infelice, nascondere o sminuire la sua colpa quanto più puoi.
Ti sembrerebbe giusto, vedendo una persona malata sull’orlo del precipizio, approfittare della sua debolezza e del fatto che è prossima a cadere, per spingerla giù?

Ebbene! Proprio questo si fa quando si ripete ad altri un fatto di pubblico dominio.
Ma, mi dirai, e se si riferisce il fatto ad un amico, facendosi promettere che non lo dirà mai a nessuno?

Ti sbagli ancora; come puoi pensare che quello non lo dirà, dal momento che tu stesso non ti sai trattenere dal dirlo?

E’ come se tu dicessi a qualcuno: “Vedi, amico mio, sto per dirti una cosa, ti prego di essere più saggio e più discreto di me; abbi più carità di me; non fare e non dire ciò che ti dico”.

Ma allora la cosa migliore è che tu non dica proprio niente. Qualunque cosa un altro faccia o dica, a te non deve interessare che una cosa soltanto: guadagnarti il cielo.

Mai nessuno si è dispiaciuto di non aver detto nulla, mentre quasi sempre ci si è pentiti di aver parlato troppo.

Lo Spirito Santo ci dice che “chi troppo parla, non parla mai bene”.

Vediamo adesso, quali sono le cause e le conseguenze della maldicenza.
Ci sono molti motivi che ci portano a parlar male del prossimo. Gli uni parlano male per invidia, e questo accade soprattutto fra persone dello stessa condizione, per trarne vantaggio. Essi diranno male degli altri: che le loro mercanzie non valgono niente, o che ingannano, che sono dei poveracci, e che quindi sarebbe impossibile per loro dare la mercanzia a un prezzo così basso, che molti sono rimasti delusi…, che si accorgeranno essi stessi che ciò che hanno comprato è inservibile…, oppure che non era il peso o la misura giusta.

Un operaio giornaliero, dirà che quell’altro non è un buon operaio, che dovunque vada a lavorare, nessuno resta contento; che invece di lavorare, perde tempo, oppure, che non sa proprio lavorare. E poi chi vi sta parlando aggiungerà: “Mi raccomando, non riferire a nessuno ciò che ti ho detto, non vorrei che gli procurasse un danno”. Allora bisognerebbe rispondergli: “Ma, se è così, non sarebbe stato meglio che ti fossi stato proprio zitto?”.
Un contadino vedrà che la proprietà del vicino prospera più della sua: ciò lo infastidisce, e allora comincerà a sparlare.

Altri parleranno male di te per vendetta, specialmente se gli hai detto o fatto qualcosa, magari, per dovere di carità. Cominceranno a screditarti, a inventare mille cose contro di te, per vendicarsi.

Se poi parli bene di qualcuno, altri restano infastiditi e ti diranno: “E’ come gli altri, ha anche lui i suoi difetti; ha fatto questo…, ha detto quest’altro…; tu non lo conosci, non hai mai avuto a che fare con lui”.

Parecchi sparlano per orgoglio, credendo di mettere in risalto se stessi, abbassando gli altri, parlando male degli altri; essi faranno valere le loro presunte buone qualità; tutto ciò che essi stessi diranno o faranno sarà bene, e tutto ciò che gli altri faranno o diranno, sarà male.

La maggior parte della gente, però, sparla per leggerezza, per un certo prurito di parlare, senza esaminare se quello che dicono è vero o no, basta che parlino.
Sebbene costoro siano meno colpevoli degli altri, cioè di coloro che sparlano per odio, per invidia o per vendetta, tuttavia non sono esenti da peccato; quale che sia il motivo che li spinga, tuttavia, non sono meno nocivi alla reputazione del prossimo.

Io ritengo che il peccato di maldicenza racchiuda in sé tutto ciò che vi è di più malvagio.
Sì, fratelli miei, questo peccato contiene in sé il veleno di tutti i vizi: la meschinità della vanità, il veleno della gelosia, l’asprezza della collera, il fiele dell’odio, e la leggerezza, tanto indegna di un cristiano. E’ questo che fa dire a san Giacomo apostolo “che la lingua del mormoratore è piena di veleno mortale, è un mondo di iniquità”.

Se volessimo prenderci la pena di esaminare meglio tutto ciò, nulla ci sembrerebbe più chiaro.

Non è, infatti, la maldicenza che semina, quasi dappertutto, discordia e divisione, che scompiglia le amicizie, che impedisce ai nemici di riconciliarsi, che turba la pace delle famiglie, che mette il fratello contro il fratello, il marito contro la moglie, la nuora contro la suocera, il genero contro il suocero?
Quante famiglie vivevano in armonia, prima che una sola lingua cattiva le mettesse sottosopra, e ora non si possono più vedere e non si parlano più.
Chi ne è stata la causa? La sola malalingua del vicino o della vicina…
Sì, fratelli miei, la lingua del maldicente avvelena tutte le buone azioni e mette allo scoperto quelle peggiori.

E’ lei, che tante volte spande su un’intera famiglia delle macchie, che si trasmettono di padre in figlio, da una generazione all’altra, e che, forse, non saranno mai cancellate!

La lingua del maldicente arriva perfino a rivoltare le tombe dei morti, ella tenta di riesumare le ceneri di quei poveri malcapitati, facendole rivivere, cioè ricordando i loro difetti, che erano stati sepolti con loro nella tomba.
Quale ignominia! Da quale indignazione sareste presi, fratelli miei, se vedeste un disgraziato infierire contro un cadavere, tagliuzzandolo in mille pezzi?
Ciò vi farebbe gemere di compassione. Ebbene! E’ ancora molto più grande il crimine di andare a riesumare le colpe di un povero morto.
Quante persone, che hanno quest’abitudine, parlando di qualcuno che è morto, diranno: “Ah! quante ne ha combinate ai suoi tempi, era un ubriaco incallito, un furbo finito male, insomma, viveva molto male”.

Ahimè! amico mio, forse ti sbagli, e quand’anche avessi indovinato, potrebbe darsi che quello ora si trovi in cielo, avendolo il buon Dio perdonato.

Ma dov’è la tua carità? Non pensi che stai danneggiando la reputazione dei suoi figli, se ne ha, o dei suoi parenti? Saresti contento che si parlasse così dei tuoi parenti?
Se avessimo la carità, noi non troveremmo niente da dire su nessuno, cioè ci prenderemmo cura di esaminare soltanto la nostra condotta e non quella degli altri.

Ma se mettete da parte la carità, non ci sarebbe sulla terra un solo uomo, nel quale non trovereste qualche difetto; sicchè la lingua del maldicente, trova sempre qualcosa da ridire su chiunque.

No, fratelli miei, noi non conosceremo se non nel Giorno della Vendetta, il male che la lingua del maldicente ha fatto.

Considerate che la sola calunnia che Aman fece contro i Giudei, poiché Mardocheo non aveva voluto piegare le ginocchia davanti a lui, aveva prodotto nel re, la decisione di far morire tutti i Giudei. Se la calunnia non fosse stata sventata, la nazione giudea sarebbe stata sterminata, secondo il disegno del generale (Aman). Dio mio! Quanto sangue sarebbe stato sparso per una sola calunnia! Ma Dio, che non abbandona mai l’innocente, permise che questo disgraziato perisse col medesimo supplizio con cui voleva far morire i Giudei.

Ma, senza andare troppo lontano, quanto male fa una persona che parli male col figlio, del proprio padre o della propria madre, o dei suoi padroni.
Così facendo, avete iniettato in lui una cattiva opinione, per cui egli li guarderà con disprezzo; se non avesse timore della punizione, arriverebbe perfino a maltrattarli.
Come risposta, il padre e la madre, il padrone o la padrona, lo malediranno, imprecheranno contro di lui, lo tratteranno con durezza; e quale sarà stata la causa di tutto ciò? La vostra malalingua!

Avete parlato male dei ministri della Chiesa, e forse anche del vostro stesso pastore; così facendo avete indebolito la fede in coloro che vi ascoltavano, ed ora hanno abbandonato i sacramenti, e vivono senza più religione; e quale ne è stata la causa? La vostra malalingua!

Siete voi la causa per cui quei mercanti o quegli operai non fanno più gli stessi affari, perché li avete screditati.

Quella moglie, che viveva felice e contenta con suo marito, voi l’avete calunniata presso di lui; adesso egli non può più sopportarla, sicchè a causa delle vostre mormorazioni, in quella famiglia non c’è più che odio e maledizione.

Segue

……..

Jean-Marie Baptiste Vianney ( italianizzato in Giovanni Maria Battista Vianney; Dardilly, 8 maggio 1786- Ars-sur-Formans, 4 agosto 1859) è stato un presbitero francese, reso famoso col titolo di Curato d’Ars (o Santo Curato d’Ars) per la sua intensa attività di parroco in questo piccolo villaggio dell’Ain.

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