EFFETA' ODV

Resiliènza di Giuseppe Leone

Resiliènza, vocabolo che a diversi di noi fa tornare in mente ricordi giovanili quando si studiava, nella tecnologia dei materiali, che la resilienza è la capacità di un materiale di resistere agli urti senza rompersi, il cui inverso è l’indice di fragilità. In questo periodo i mezzi di comunicazione sociale lo utilizzano molto spesso ma nel suo significato psicologico, dove indica la capacità di reagire di fronte a traumi, difficoltà, ecc., ovviamente connesso alla condizione sociale causata dalla pandemia in corso.

Sono stati condotti studi di psicologia su bambini di zone povere di alcune città ma anche ragazzini di popolazioni di Paesi dell’Africa dove i “bambini soldato” erano stato costretti a uccidere e stuprare. Indipendentemente da quali gruppi venissero esaminati, si trovavano  sempre alcuni individui che riuscivano a superare anche le peggiori avversità senza danni.

Questi bambini, contro ogni aspettativa, mantenevano buone relazioni con gli altri, o andavano bene a scuola e poi entravano nel mondo del lavoro con buona riuscita. Avevano, insomma, una vita pienamente soddisfacente e riuscivano a raggiungere i loro obiettivi.

Inoltre gli studi mostrano alcuni fattori che rendono resilienti i bambini, tra essi: un buon quoziente intellettivo, la capacità di comprendere le persone e le relazioni interpersonali, un buon reddito familiare, una famiglia unita, che comunica adeguatamente e stabile.

Condizioni di partenza che, come era prevedibile, non dipendono da un nostro merito o demerito e tra queste un grande ruolo viene dato ai genitori attraverso le cure che hanno verso i figli, e l’affetto con il suo ruolo fondamentale se strettamente legato, però, alle regole ed alla disciplina. Regole razionali e limiti realistici.

Dunque un elemento che emerge dalla ricerca sulla resilienza è l’importanza dei valori. I valori sono ciò che definiscono quello che per noi è rilevante. Rappresentano il modo che abbiamo per misurare noi stessi e per dare significato alla vita.

In tutta questa complessità sopra richiamata c’è poi il fenomeno della globalizzazione con la sua diffusione su scala mondiale, grazie ai nuovi mezzi di comunicazione, di tendenze, idee e problematiche. Che ci riguarda tutti senza distinzione. Questo fenomeno positivo per certi versi ha portato, però, ad un’omologazione facendoci illusoriamente tutti uguali ed azzerando le tradizioni: risultato ci troviamo tutti più smarriti di prima.

Guardiamo dentro noi stessi e dentro la comunità in cui viviamo, ed indubbiamente notiamo uno smarrimento più forte in persone che non hanno alle spalle una famiglia unita ed immersi nell’omologazione di cui parlavo prima, si trovano spesso con scarsi mezzi economici e ben poco resilienti: in queste condizioni crediamo davvero che potrebbero rivolgersi ad uno psicologo, avendo, tra l’altro, appena il necessario per sopravvivere?

Per chi ha fede nel Dio dell’amore ed ha la fiducia che gli viene dal senso di sicurezza e di speranza in Lui, si pone l’urgenza di trovare il modo di offrire non tanto e non solo le proprie risorse in termini di tempo e di sostanze economiche ma, soprattutto, la condivisione della nostra resilienza. Poca o tanta che sia, in una sorta di contagio positivo!

So bene che tutti noi siamo smarriti a causa di questa condizione sanitaria ma molti, ne sono certo, sentiamo quanto questa condizione sia provvisoria. Mi soccorre nell’argomentazione l’altro significato di resilienza quello che nella tecnologia dei filati e dei tessuti, designa l’attitudine di questi a riprendere, dopo una deformazione, l’aspetto originale.

Molti, però, non potranno, se non con un grande aiuto della comunità, riprendere quell’”aspetto originale”.

Giuseppe Leone

(foto da: Avvenire 10 marzo 2021)

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