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Quaresima: Tempo di conversione di Ugo Rigacci

Già dalla prima domenica di Quaresima, l’Evangelista Luca ci presenta l’azione insostituibile dello Spirito Santo, (Lc 1-13) la cui figura, in quest’anno di preparazione al Giubileo del 2000, siamo chiamati a riscoprire.

Dopo che il Padre ha glorificato Gesù nel Giordano, lo Spirito Lo conduce nel deserto in cui rimane per 40 giorni. Questo numero che è simbolico ed indica pienezza, ci richiama i 40 anni d’Israele nel deserto, e ci fa identificare con il deserto anche la Quaresima.

Infatti questa immagine esprime bene il carattere penitenziale del presente tempo liturgico; per associazione di idee, la parola “deserto” ne evoca un’altra: Esodo, ed è questa una Parola, che è di Dio, la quale viene ad illuminare la nostra Quaresima.

Noi sappiamo bene che la Bibbia, e quindi l’Esodo, non è un libro di storia, come la storia è comunemente intesa, ma è la storia della salvezza, e siccome noi siamo i destinatari della salvezza, la Bibbia è la nostra storia. Se siamo onesti con noi stessi ci possiamo facilmente identificare con il popolo schiavo in Egitto. Anche noi abbiamo un “faraone” che ci opprime: chi è per ognuno di noi “faraone”? Basta guardarci dentro per riconoscere chi ci schiavizza: forse è il nostro egoismo, o il nostro orgoglio, o la superbia, o il desiderio del “potere”, o il piacere del sesso non correttamente vissuto, dell’ira, del rancore, dell’odio ecc….

Ognuno conosce se stesso e sa di quale “Faraone” è schiavo, e da questa schiavitù sa di essere incapace di uscire da solo.

Dio che ci ama ed è fedele al suo amore per noi, viene a compiere ciò di cui noi non siamo capaci: così come mandò Mosè a liberare il popolo schiavo in Egitto, e fece grandi prodigi fino ad aprire il mare, così ha mandato per noi Gesù Cristo, che attraverso le acque del Battesimo ci introduce a vita nuova ci pone in cammino nel deserto verso la “terra promessa”, che è l’incontro con Lui nel suo “Regno”, in cui avrà compimento la gioia piena….. E il suo Regno è già in mezzo a noi.

Il popolo di Dio nel deserto ha fame e Dio gli manda la manna, ha sete e Dio fa sgorgare acqua dalla roccia. Vuole però un Dio che soddisfi ogni sua esigenza e si ribella, fa un vitello d’oro e lo adora, ma Dio gli dona lo stesso la sua legge, anche se al tempo stesso lo punisce, non per vendetta ma per amore, perché ritorni a Lui…..

Non siamo così anche noi? Camminiamo nel “deserto” della nostra vita e poniamo la nostra sicurezza non in Dio ma nell’AVERE, fino a che questo desiderio insaziabile finisce col non farci godere neppure di ciò che abbiamo, in vista di ciò che vorremmo avere…… e questa è vita?

Il popolo d’Israele adora un vitello d’oro, si fa cioè un Dio su misura, invertendo l’ordine che era fin dal principio, cioè che Dio fece l’uomo a sua immagine e somiglianza, ed invece noi, come il popolo d’Israele ci facciamo un Dio ad immagine e somiglianza nostra.

Anche noi ci facciamo un “vitello d’oro”, stabilendo cioè con Dio, non un rapporto d’amore, ma un rapporto commerciale: “io vo a Messa e Lui mi fa passare all’esame, mi fa vincere un concorso, mi fa andare bene un affare…..”; ”gli accendo una candela, fo un voto e Lui mi guarisce da una malattia o mi fa vincere all’Enalotto……”.

Questo non è il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe, questo non è il Dio di Gesù Cristo; anche noi come Israele siamo un popolo di dura cervice.

Ed allora come fare? Non c’è speranza? Certo che c’è speranza, e c’è perché Dio manda Gesù Cristo a compiere ciò di cui noi non siamo capaci: Gesù nel deserto vince la tentazione dell’avere “……non di solo pane vive l’uomo” (Lc 4,4); vince la tentazione di adorare ciò che il mondo ci propina “……solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, Lui solo adorerai” (Lc 4,8), vince la tentazione della spettacolarità, del desiderio di emergere, di essere considerati importanti. In fondo il maligno gli dice: chi vuoi che ti dia ascolto…….tu sei nessuno, sei figlio di un falegname, e poi vieni da Nazareth…….ma se ti getti dal pinnacolo del Tempio e gli Angeli ti sostengono, tutti grideranno al miracolo e ti seguiranno, andrai sulle prime pagine dei giornali, andrai in T.V., diremmo noi, (cosa non faremmo per concentrare l’attenzione degli altri su di noi?) ma Gesù gli risponde “……non tenterai il Signore Dio tuo” (Lc 4,12).

Non sono forse queste le tentazioni che noi non riusciamo a vincere? Ebbene, il Signore Gesù le ha vinte per noi, e per questo noi dobbiamo fare penitenza, per questo esiste Quaresima.

Fare penitenza, ma come? Ci vestiamo di sacco e ci cospargiamo di cenere? Convinti magari di acquistare dei “meriti” fino a sostituire l’opera di Gesù Cristo e renderla vana?

Fare penitenza significa lasciare che lo Spirito di Dio operi in noi e ci faccia cambiare modo di pensare e di vivere: questo sarà possibile se ci metteremo in un ascolto sistematico e continuo della Parola di Dio, se ci alimenteremo alla Sua Mensa, affinché ci apra ai fratelli vicini e lontani e ci faccia scoprire il significato vero di solidarietà, che lotta contro la povertà economica, morale, culturale, sociale, spirituale.

Il significato vero di Penitenza è la conversione del cuore, della quale tutti abbiamo bisogno al fine di entrare nella Pasqua del Signore.

Il Diacono Ugo Rigacci

Articolo pubblicato nel numero 2 del Giornalino “Effetà” Pasqua 1998

(Foto: Basilica dell’Annunciazione a Nazareth)

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