EFFETA' ODV
Fuoco di Renato Guttuso 1959

La stanza buia di Myriam Laurenti

Qualche tempo fa parlavo con una conoscente che fa la psicologa e che mi raccontava come sono aumentati i disagi di vario genere di molte persone che quindi sentono il bisogno di rivolgersi ad operatori del settore (psicologi, assistenti sociali etc.).

La sua analisi a livello generale era il fatto che questa situazione di pandemia, che ormai dura da molto, ma soprattutto in modo specifico il lockdown duro che ci ha visti coinvolti veramente tutti, ha costretto molte persone a fermarsi, loro malgrado, e a spezzare violentemente la loro routine quotidiana facendo esplodere la loro comfort zone.

Le persone in realtà nel proprio quotidiano hanno tutte un pò paura di farsi delle domande perché è duro e difficile valutare se stessi, fare bilanci e auto criticare i propri difetti. Alcune volte per tutti noi è impossibile perché non ci conosciamo proprio e non ci interessa nemmeno conoscerci veramente.

Questo è un lavoro ingrato, duro e, se si vuole essere onesti con se stessi, fa paura.

Allora il rimedio è la battaglia quotidiana altrettanto faticosa ma mediata dal frastuono, dalla ricerca dell’approvazione sociale e dall’essere riconosciuti, dall’esistere di fronte agli altri.

Probabilmente la chiusura obbligata di tutta la socialità che conoscevamo ha costretto tutti noi al silenzio e all’obbligo di fermarsi con la conseguenza ad una innaturale angoscia, come vedere un film a ritroso.

Rivedere ciò che e’ stato della nostra storia e non si può modificare invece di immaginare il futuro che può essere manipolato perché ancora non consumato.

Ecco quindi arrivare l’occasione di vedere senza filtri cosa c’è dentro di noi e l’impossibilità momentanea di ricorrere al rumore per coprire la mancanza di ascolto di noi stessi.

Una buona amica, quasi per congiunzione astrale, mi ha inviato una parte di un discorso di Papa Francesco che parla del silenzio: “silenzio che non è mutismo è silenzio operoso“.

Certo quando riflettiamo su noi stessi, quando ci facciamo domande difficili, l’angoscia e il vuoto sono presenti come camminare in una stanza buia avendo gli occhi ben aperti per vedere.

Io penso che bisogna lasciare campo libero alla paura, ammettere il silenzio che può distruggere come il fuoco ma può anche costruire, che consuma, che crea: alla fine qualcosa di migliore deve venire fuori.

Myriam Laurenti

 

 

 

Le foto: Persistenza della memoria di Salvador Dalì (1931)

Fuoco di Renato Guttuso (1959)

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